"Joker: Persona o personaggio?"
Fotografia, colori, saturazioni, cura dell’immagine, costumi e trucco, che dire: incredibili, oramai tutto è davvero così “perfetto” che la realtà sembra quella, mica la nostra dai colori un po’ sbiaditi dai troppi lavaggi in lavatrice o il trucco che dura poco come il sorriso.
Ma fa nulla, siamo lì seduti con i posti inutilmente numerati e dopo la solita manciata di 30 o 40 minuti estenuanti di pubblicità, il film inizia.
Dopo tanto tempo di quella realtà. Esco di lì. Nuovamente sbiadita, pensando che il film … è bello ma… ma cosa? mi domando.
Allora cambio punto di vista, uso quello che insegno quando un visitatore viene nel mio studio: nelle opere ci sei tu, dico, il tuo modo di essere di sentire, i tuoi limiti e le tue aperture e quindi seguo in consiglio e “rileggo” il film. E guardo anche in “generale”, come osservo la biennale di Venezia: espressione della società di ora, con problematiche, annessi e connessi.
Ma... che film ho visto?
Joker, un clown che non fa ridere e che si chiama Arthur, subisce da piccolo abusi e denigrazioni dai genitori e dalla madre sempre presente anche dopo la morte (attuale no?).
La sua crescita è direttamente proporzionale alla sua mancanza di autostima facendo galoppare e ingigantire una repressione che, neanche a dirlo, sfocia ed esplode in una tragedia in cui Arthur/Joker uccide in modo violento cinque/sei persone. (Attuale, no?)
La cosa meravigliosa, e attualissima pure questa, è che Arthur non fa audience, ma Joker sì. Quest’ultimo ha un costume intrigante, lo sguardo folle e profondo di chi si vuole ribellare al mondo non riuscendo ovviamente a ribellarsi a se stesso. È seguito dalla massa, una grande entità che lo imita: Joker è il personaggio, ed il personaggio… beh, è la cosa più attuale che ci sia.
E quindi Joker...
E quindi Joker diviene un divo famoso di cui addirittura Ledy Gaga (Harleen) si innamora. Lui, ovviamente, ricambia esprimendo il suo amore fra parti musicali e altro, in un contorno scenografico stupendo (anche se forse un tantino noioso). E Arthur? Arthur intanto va dalla psicologa, è in carcere, senza amore (Harleen si è innamorata di Joker mica di Arhur), a subire i bullismi continui delle guardie carcerarie, vessato e picchiato perché si sa, spesso quando ad un piccolo uomo viene dato un piccolo potere apparente, ne abusa. (Non so, ma mi pare attuale pure questo).
Da contorno anche un’esplosione in tribunale, e una bomba di questi tempi …
La fine però non la dico...
Esco di lì riassumendomi che: il bullismo è attuale, attualissimo, che tutti vogliono essere personaggi e non persone. Che c’è più gente su YouTube che persone per strada, che ci si innamora più della costruzione, che dell’anima.
Essere personaggio è una trappola che diviene prigione, un’eterna giovinezza apparente, una libertà recintata, e intanto penso nel mio momento cupo della giornata: persona o personaggio, si muore lo stesso. E questo lo interpreta bene Marco Beasley in Passacaglia della vita.
Cosa scegliere?
Ma... ovunque:
Ma mi chiedo: l’opera?
Che fine fa l'opera?
Sono le opere che devono imparare a relazionarsi con “la massa”, non io.
Se non le insegnassi ogni giorno a stare in pubblico, come faranno un giorno a vivere senza di me? Allora preferisco abituarle a stare da sole, a relazionarsi con le persone, a creare un rapporto esclusivo in cui attrazione o repulsione possano essere libere di esistere secondo il proprio sentire, in una sintonia unica ed intima fra opera e osservatore.
Per il resto, essendo ancora viva, mi rendo e sono disponibile tridimensionalmente a raccontare ciò che ho imparato in questi anni su come si guarda un’opera, se stessi, a condurre l’osservatore oltre la superficie e nell’operato. Ma la creazione è un fatto personale, intimo, per nulla sereno, e come ogni emozione troppo forte, nel bene e nel male, a volte c’è bisogno di viverla con discrezione e con un po’ di pudore.
E tu invece: chi hai scelto di essere, Persona o Pesonaggio?